Il giorno 28 maggio 2019 si è svolta la prima riunione del Tavolo tecnico presso il Miur per l’applicazione dell’Intesa Governo-Sindacati dello scorso 23 aprile, dedicata ai problemi dei settori Università, Ricerca e Afam.

Il dott. Chiné, Capo di Gabinetto del Ministro, ha introdotto i lavori prospettando l’ipotesi di proseguire la discussione su tre tavoli distinti per ciascun settore, allo scopo di trattare più approfonditamente le tematiche specifiche. Nel corso del suo intervento ha tenuto a precisare i confini entro i quali dovranno muoversi i tavoli tecnici, ai quali è chiesto di concorrere all’individuazione di soluzioni tecniche a problemi afferenti al comparto e non di avanzare richieste di risorse da investire nei settori.

Le OO.SS. si sono trovate concordi sull’ipotesi di separare in tre il Tavolo tecnico ed è stato preannunciato dall’Amministrazione che i lavori riprenderanno già dalla prossima settimana.

In un breve giro di opinioni, lo Snals Confsal ha enunciato le priorità per ciascun ambito di cui dovranno farsi carico i tre tavoli tecnici. Per l’Università e per la Ricerca la nostra delegazione ha espresso la necessità di eliminare gli elementi legislativi e i dispositivi che rendono l’utilizzo del fondo per il salario accessorio sempre più difficile, a partire dalla norma che dal 2004 dispone il taglio del 10% di tale fondo.

In particolare per l’Università queste stesse norme rendono difficile anche l’applicazione del contratto nella parte che permetterebbe la crescita professionale di una quota del personale in servizio. Viene tradito, così, lo spirito dell’autonomia budgetaria delle Università, mentre per gli Enti di ricerca si paventa una riduzione dell’accessorio a fronte di una crescita del numero degli addetti alla ricerca in seguito a processi di assunzioni e stabilizzazioni.

La nostra delegazione ha proseguito con la disamina dei principali problemi della sezione Afam: le difficoltà relative all’incompiutezza della riforma del settore (L.508/99), che ha inquadrato Conservatori, Accademie e Università nel medesimo sistema delle Istituzioni di Alta Cultura, ma – a distanza di vent’anni – mancano diversi decreti attuativi. Sono state inoltre illustrate le numerose criticità del DPR sul Regolamento sul reclutamento in discussione in parlamento, il cui iter non è ancora concluso, ma sul quale lo Snals Confsal ha presentato numerosi emendamenti in audizione al Senato, recepiti nella bozza attuale.

Lo Snals Confsal ha poi rappresentato per l’Afam l’esigenza di una politica di valorizzazione del personale docente e di equiparazione giuridica ed economica  ai docenti dell’università; la necessità di reperire i fondi per l’ampliamento dell’organico per il miglioramento dell’offerta formativa; l’incremento e la valorizzazione del personale amministrativo e tecnico per sostenere la gestione dei nuovi ordinamenti; una revisione del sistema della  governance e il superamento dei conflitti di competenza tra organi istituzionali; il riconoscimento giuridico per la spendibilità internazionale dei titoli rilasciati per l’inserimento nel mondo del lavoro; la statizzazione degli Istituti Superiori di Studi  Musicali (ex pareggiati).

 

In conclusione, il Miur ha chiesto di ricevere indicazioni scritte da parte delle OO.SS. circa le questioni prioritarie da approfondire su ciascun tavolo, al fine di organizzare un calendario dei lavori.

Vito Masciale

Intervento del Prof. Vito Masciale, Consigliere Nazionale SNALS nonché Segretario Provinciale di Bari, nell’ambito della Tavola Rotonda, “La scuola tra criticità di sistema e disagi professionali del personale”, tenutasi a Treviso il 16 maggio 2019.

Questa riflessione è sorta negli ultimi mesi, nel momento di maggior tensione fra governo e sindacati, quando lo sciopero generale sembrava ormai ineluttabile.  Esso è stato poi revocato, ma il confronto continua.

A proposito degli stipendi il Governo si è impegnato a garantire nel triennio il recupero graduale del potere d’acquisto delle retribuzioni del personale scolastico e, contestualmente, ad avviare un percorso per un graduale avvicinamento alla media dei livelli salariali di altri Paesi europei.

Prendendo a confronto la posizione stipendiale media di carriera (15 anni), il gap percentuale tra la retribuzione di un docente italiano rispetto a quello medio dei colleghi europei oscilla tra il 18,2% dei docenti dell’infanzia e il 29,4% dei docenti della primaria, mentre per i professori di scuola media è del 24,3% e per quelli delle superiori del 26,7%.

Si è parlato, anche, di “chiara e condivisa considerazione del ruolo assegnato alla scuola per garantire identità e unità culturale del Paese, anche attraverso l’unitarietà dello stato giuridico del personale, il valore nazionale dei contratti, un sistema nazionale di reclutamento del personale e le regole per il governo delle scuole autonome”.

 

Passo ora al tema del nostro incontro.

Per far fronte alla situazione attuale occorrerebbe un piano strategico per il rilancio della scuola pensato su un orizzonte di almeno 10 anni e condiviso dalle principali forze politiche e sociali. Principale obiettivo il successo formativo di tutti gli studenti, da ottenere attraverso una drastica personalizzazione degli itinerari formativi individuali.

Bisogna riportare la scuola al centro del dibattito pubblico, come un ambito su cui investire e non solo effettuare tagli di spese improduttive. È importante aver chiaro che, come già accade nei principali Paesi Ocse, gli investimenti nel campo dell’educazione, formazione, ricerca e innovazione rappresentano la leva strategica per uscire dalla crisi e rilanciare lo sviluppo.

Nello scenario attuale, serve una vision della scuola come comunità educante coesa ed eticamente responsabile, dove il dirigente non è semplicemente un manager, ma un leader educativo capace di attivare processi innovativi, governare con il consenso e incrementare le motivazioni del personale e degli stessi studenti, la condizione necessaria per poter migliorare i risultati della singola scuola e del sistema educativo più in generale.

In questa prospettiva, occorre ridefinire un “Patto per lo sviluppo educativo” che coinvolga tutti gli attori e accompagnare il processo di riforma con un consistente programma di formazione rivolto a dirigenti scolastici, docenti, studenti e genitori, in modo tale da “creare le condizioni” culturali e professionali per l’effettiva implementazione di quanto indicato nelle norme legislative.

Inoltre, per rilanciare una nuova mission della scuola in Italia, si dovrebbero recuperare due questioni strategiche: il grave fenomeno della dispersione scolastica e l’elaborazione di una seria politica di orientamento scolastico, formativo e al lavoro permanente, che sia in grado di coinvolgere tutti gli attori interessati (personale della scuola, imprese, istituzioni) in modo consapevole e responsabile far dialogare il mondo della scuola e quello del lavoro e delle professioni.

Sono numerosi i problemi che la scuola italiana deve affrontare. Per quanto riguarda i ragazzi e la preparazione al lavoro, va sottolineato come il 20% dei giovani (il doppio che in Europa) non ha il diploma della scuola secondaria superiore, non studia, non lavora, non cerca lavoro), mentre percentuale di quelli disoccupati è del 38% (ancora una volta il doppio che in Europa).

Anche dal punto di vista della preparazione alla vita da cittadini le percentuali sono allarmanti: l’Italia ha il 14% di abbandoni precoci, mentre il 50% dei giovani è attore o vittima di bullismo, il 66% non ha trattato a scuola temi di educazione civica, il 75% non conosce la Costituzione.

Quanto alle “competenze funzionali” degli adulti (16-65 anni) secondo l’indagine OCSE–PIAAC il livello di “analfabetismo funzionale” in Italia è del 30% della popolazione (15 % nella UE), mentre il livello di “competenze adeguate o elevate” è solo del 30% (65% nella UE).

Ci sono peraltro “due Italie”, una vicina al Nord Europa e l’altra lontanissima.

Per rimediare a questa situazione drammatica è necessario puntare sul successo formativo di tutti gli studenti (recuperando il 20% che si perde). Ciò si può ottenere solo differenziando l’offerta formativa attraverso una radicale personalizzazione.

Per compensare gli squilibri di educabilità derivanti dal contesto socioeconomico la proposta può essere la scolarizzazione precoce e a tempo pieno: tutti a scuola obbligatoriamente dai 3 ai 14 anni, fino alla fine della scuola media, con un’attività di orientamento sin da questo ordine di scuola molto più efficace.

Per gli studenti della scuola secondaria superiore va valutata la possibilità di dedicare nel pomeriggio 30 ore per attività formative liberamente scelte dagli studenti (sport, volontariato, educazione delle emozioni), ma valutabili. Serve una forte integrazione tra i diversi momenti di attività curricolari, senza la quale il “tempo lungo” non produce effetti positivi.

Riformare la struttura e la finalità della scuola in modo da garantire il successo formativo di tutti gli studenti, senza scarti: il 20% di fallimenti scolastici costituisce una vera e propria bomba sociale e politica. Se questo problema non sarà risolto ci saranno rischi non solo per la coesione sociale ma anche per la stessa democrazia.

Per questo serve un impegno pubblico in materia di scuola, la nostra Costituzione affianca al diritto universale all’istruzione (e al corrispondente dovere della Repubblica di “rimuovere gli ostacoli” che lo impediscono) il diritto delle famiglie a scegliere il modello educativo per i propri figli. Ma è possibile oggi che la scuola, si preoccupi solo dei “capaci e meritevoli”, come dice la Costituzione? La vera rivoluzione, oggi, è quella della scuola generalizzata e del successo per tutti.

Ma ciascuno a suo modo, “perché non siamo tutti uguali” per tempi e stili di apprendimento.

Fermo restando l’impegno individuale nello studio, i percorsi vanno resi flessibili partendo dalle attitudini e potenzialità dei singoli studenti

 

Quanto ai docenti, determinante è la qualità degli insegnanti: formati meglio e pagati meglio.

La scuola italiana non ha il tempo per poter aspettare una nuova generazione di docenti formati, in futuro, in appositi corsi di laurea finalizzati specificamente all’insegnamento. La formazione serve ora e per tutti (quelli che sono già in cattedra o sono in attesa di una supplenza).

La necessità di un “cambiamento radicale”, individua in un consistente aumento degli stipendi degli insegnanti la misura SIMBOLO di un nuovo e diverso atteggiamento del Paese nei confronti della scuola nazionale e di chi vi opera.

Tuttora la scuola è vista più come centro di spesa e opportunità di occupazione per il personale che come investimento, più che riformare occorre trasformare.

Il “come” si insegna conta infatti spesso più del “che cosa” si insegna.

Occorre puntare su un maggiore protagonismo dei docenti, partire dalle persone, e quindi costruire percorsi di apprendimento personalizzati dando ad esse fiducia e stimolando il dialogo, affinché si eviti la formazione, favorita dalla diffusione dei social, gruppi chiusi nei quali non c’è dialogo ma condivisione unilaterale di convinzioni di parte.

Ma ci deve stare a cuore il benessere dei nostri docenti, perché i soldi aiutano a stare meglio, danno lustro sociale in una società dove tutto si misura in denaro ma da soli non fanno la felicità: bisogna creare un ambiente di lavoro sicuro e sereno.

LA CARRIERA DEGLI INSEGNANTI

Il settore scuola è l’unico settore del servizio pubblico statale senza possibilità di carriera.

Servono figure intermedie per far funzionare un meccanismo complesso come la scuola adeguatamente, personale preparato con funzioni specifiche, strutturate e retribuite in maniera non estemporanea, il vice dirigente, il responsabile della didattica, il responsabile dell’innovazione.

L’accesso alla carriera di Dirigente dovrebbe essere riservato solo a chi ha ricoperto nella scuola ruoli intermedi di gestione e responsabilità.

LA SCUOLA DI QUALITA’

Serve, infine, la valutazione esterna delle scuole da parte di un ente di cui sia garantita l’assoluta indipendenza, quanto all’adesione delle scuole alle innovazioni, è opportuno che essa sia progressiva e volontaria, ma sempre esplicitamente supportata a livello istituzionale.

PATTO EDUCATIVO SCUOLA FAMIGLIA

Fondamentale, comunque, è la ricostruzione del patto educativo tra società, scuola e famiglie.

La materia andrebbe regolamentata perché, se lasciata per intero all’autonomia delle singole scuole potrebbe dar luogo a un aumento, anziché alla riduzione, delle disuguaglianze. Non basta la firma delle famiglie su un documento che le scuole secondarie superiori fino a ieri (dall’anno prossimo sembra ogni ordine di scuola) fanno firmare alle famiglie al momento dell’iscrizione e che poi nella realtà viene disatteso.

Le dimensioni della crisi della nostra scuola, la crisi dell’alleanza educativa tra scuola e famiglia, come mostrano le sempre più numerose aggressioni ai docenti, dipendono anche dall’arretratezza del modello organizzativo, che impedisce di sfruttare razionalmente le enormi potenzialità del nostro sistema educativo  attraverso una rinnovata partecipazione degli studenti e dei genitori alla vita della scuola, attraverso organismi ad hoc, su una serie di questioni cruciali: elaborazione del Piano triennale dell’Offerta formativa; innovazione tecnologica, didattica e metodologica; valutazione dei risultati; coinvolgimento degli attori sociali presenti sul territorio.

Gli organi collegiali sono sterili ed inutili perché obsoleti: a quando la loro riforma?

LE RISORSE

Sul versante della spesa e del rilancio degli investimenti per l’istruzione, è necessario recuperare risorse e rilanciare gli investimenti. In Danimarca si spende circa l’8% del PIL, in Italia solo il 4%. Rapportato al PIL italiano vorrebbe dire incrementare la spesa per l’istruzione di circa 65 miliardi di euro l’anno. Con queste risorse gli insegnanti sarebbero pagati meglio, le scuole sarebbero interamente digitalizzate e piene di laboratori interattivi

– Il decremento demografico  e la conseguente diminuzione della popolazione scolastica, ridurrebbe la spesa Miur di due miliardi di euro in pochi anni. Occorre evitare che tali risorse vengano sottratte alla scuola: reinvestendole si potrebbe rafforzare il tempo pieno/lungo e realizzare una adeguata formazione iniziale e continua dei docenti, in previsione del gigantesco ricambio dei prossimi anni.

Un esempio di cattiva gestione è costituito dai sette miliardi di euro che vengono spesi tra Miur ed Enti locali per il sostegno senza che il servizio funzioni in modo efficace: molte scuole sono inagibili, i docenti cambiano spessissimo.

LA PROPOSTA DI LEGGE SULL’EDUCAZIONE CIVICA 

Qualche cenno merita, infine, la proposta di legge sull’Educazione Civica, approvata dalla Camera il 3 maggio e che ora passa all’esame del Senato. Essa ha esteso alla scuola primaria il ‘Patto di corresponsabilità educativa’ già in vigore nella scuola secondaria. Questo non esclude che possano essere decise sanzioni nei confronti degli alunni, ma solo alla fine di un percorso di confronto e condivisione con le famiglie. Ma che cosa fare quando la famiglia è assente e non vuole assumere alcuna (cor)responsabilità? La punizione (penale) del genitore in aggiunta a quella (scolastica) dello studente. Misure che si collocano entrambe, in modo diverso, al di fuori di ogni logica di condivisione e corresponsabilità educativa. E che non si pongono il problema del recupero sociale di entrambi. È come rassegnarsi all’idea che per una minoranza di ragazzi (e di genitori) non ci sia altro destino che l’emarginazione o la galera. Noi non ci rassegniamo, ma occorre essere consapevoli che per vincere la battaglia dell’inclusione servono una lucida determinazione e robuste dosi di coraggio e di pazienza.

Il voto pressoché unanime (3 astenuti) con il quale la Camera ha approvato la proposta di legge che ridefinisce l’educazione civica nei curricoli della scuola italiana ha ricevuto l’attenzione dei media più per ciò che ha tolto dall’ordinamento che per ciò che ha aggiunto: un impressionante elenco di contenuti e obiettivi dei quali la materia-non materia – o “insegnamento trasversale”, come lo definisce la legge – dovrà  farsi carico.

Il tutto in 33 ore annuali non aggiuntive e “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Così sono tutti soddisfatti: i partiti perché ciascuno di essi si può riconoscere in qualcuno dei contenuti di questa legge omnibus e anche il ministro dell’economia, perché la legge non comporta costi aggiuntivi. Ma l’unanimità, raggiunta in Parlamento, un suo costo ce l’ha: quello di rendere questo insegnamento nello stesso tempo straripante e impalpabile. Un ulteriore problema per le scuole e gli insegnanti che se ne dovranno occupare. Ma ci sono risorse per formare i docenti sulle tematiche? C’è il rischio di una eccessiva indeterminatezza della nozione stessa di Educazione civica, derivante dallo sterminato numero di obiettivi formativi elencati dalla legge, che per la sempre più ampia gamma degli obiettivi ad essa affidati non poteva che essere configurata come un “insegnamento trasversale affidato ad un docente e coordinatore e ai docenti della classe nella loro collegialità”. Ma se è bene che la legge richiami la pluralità degli obiettivi, “ancora più importante” è porre l’accento su quello che va oggi considerato come l’obiettivo prioritario, l’educazione alla cittadinanza digitale, perché “l’avvento di internet, delle reti sociali, dei nuovi mezzi di informazione e comunicazione, ha determinato cambiamenti dirompenti sia sul terreno dei diritti e delle libertà sia sulle forme di partecipazione alla vita democratica. In sintesi, sui contenuti essenziali della nostra Carta costituzionale”.

Serve un piano straordinario di formazione dei docenti” che accompagni una adeguata formazione digitale degli alunni anche in funzione dell’uso corretto di internet.

Dobbiamo agire in fretta”, perché la rivoluzione di Internet influenza le nostre realtà. A noi spetta il compito di coniugare tutto ciò con i valori propri della nostra Costituzione, che rimandano alla partecipazione, alla sussidiarietà e alla democrazia; ma non abbiamo più molto tempo, è questo il tempo. Ora bisogna ripartire: “Chi vuole davvero una cosa troverà una strada, gli altri una scusa”.

Il Consigliere Nazionale SNALS

Prof. Vito Masciale

Nella mattinata del 27/05/2019 si è svolta presso l’Aran la prima riunione della Commissione paritetica per l’ordinamento professionale relativa agli enti pubblici di ricerca e prevista dall’art. 69 del CCNL 2016/2018.

Il dott. Mastrogiuseppe ha introdotto i lavori, ricordando che l’attività della Commissione ha come obiettivo di analizzare l’ordinamento professionale degli operatori degli enti pubblici di ricerca (ricercatori, tecnologi, tecnici e amministrativi), verificando la possibilità di rimodulare l’attuale sistema classificatorio alla luce delle trasformazioni avvenute nel settore relativamente ai processi organizzativi e di lavoro. La complessità del compito sta anche nel fatto che la proposta che uscirà dal tavolo e che sarà portata al prossimo rinnovo contrattuale dovrà avere una prospettiva di medio/lungo termine, immaginando anche linee future di sviluppo della professione.

Secondo l’Aran, lo scorso contratto ha già introdotto alcuni elementi migliorativi per i profili tecnico/amministrativi, mentre il lavoro più complesso riguarderà i profili ricercatore/tecnologo per i quali urge un approfondimento specifico. In generale, la difficoltà nasce dal contrasto o dalla non armonizzazione tra norme di legge e norme contrattuali.

Allo scopo di analizzare criticità e problemi nelle successive riunioni, l’Aran ha distribuito delle slide che riassumono lo stato dell’arte (inserite in area riservata), da utilizzare come base comune di discussione. Il dott. Mastrogiuseppe ha anche preannunciato che l’Agenzia si confronterà anche con i rappresentanti datoriali, a partire dal Miur e dai Presidenti degli enti di ricerca.

Sul tema lo Snals-Confsal, che ha preannunciato l’invio di un documento di riflessione, sottolinea la necessità di un confronto rapido, considerato il ritardo d’insediamento della Commissione, che, secondo il Contratto, avrebbe dovuto concludere i suoi lavori nel luglio 2018.

Nella consapevolezza della delicatezza del compito, vista la fondamentale importanza che riveste l’ordinamento professionale per i lavoratori sotto il profilo professionale e economico, e per le Amministrazioni sotto il profilo organizzativo, sarà necessario ridisegnare un sistema in grado di favorire la progressione di carriera e la realizzazione professionale dei lavoratori del settore, attraverso modifiche ordinamentali e favorendo la mobilità all’interno dello stesso.

Nell’impostare le attività della Commissione sarà necessario, in primo luogo, assicurare una maggiore aderenza e coerenza con i profili europei.

Le modifiche ordinamentali che emergeranno dovranno tener conto dei documenti europei finalmente recepiti nel CCNL 2016-2018, cioè della Carta europea dei ricercatori, del Codice di condotta per l’assunzione dei ricercatori e dello European Framework for Research Careers.

Questo comporta dare spazio a elementi come la  valorizzazione del ruolo della Comunità scientifica nel processo decisionale degli enti; la valorizzazione di specifiche competenze emerse con prepotenza negli ultimi anni come quelle  correlate alla cosiddetta terza missione, cioè la comunicazione dei risultati della ricerca presso l’opinione pubblica e/o gli stakeholder; la riattivazione di istituti contrattuali come l’Art. 15 del CCNL 2002-2005, per la progressione interna tra i tre livelli ricercatore /tecnologo.

L’altro caposaldo su cui deve basarsi l’attività della Commissione, a giudizio dello Snals Confsal, è la valorizzazione dei ruoli tecnico/amministrativi, che concorrono in modo complementare a quello dei ricercatori e dei tecnologi agli obiettivi dell’ente di appartenenza. E’ necessario superare la visione miope degli ultimi interventi sulla PA, volta a non rispettare la specificità professionale di questa parte del personale degli enti di ricerca, fondamentale per la conduzione dell’attività di ricerca e dei suoi aspetti organizzativi e gestionali.

La prossima riunione, che verterà sui profili ricercatore/tecnologo, è calendarizzata per il prossimo 21 giugno.

Roma, 24 maggio 2019. Il Ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, con un post sulla pagina Facebook personale apre alle richieste dei sindacati sullo scottante tema del precariato nella scuola.

“Apprendiamo con grande soddisfazione dell’apertura del Miur sulla questione del precariato –dichiara Elvira Serafini, Segretario Generale dello Snals-Confsal. E’ il primo segnale che il confronto in corso a viale Trastevere sta dando i suoi frutti. Si tratta di un punto di partenza per risolvere l’annoso problema della stabilizzazione dei docenti precari.”

Nel corso del confronto al MIUR, aperto in seguito all’intesa Governo/Sindacati del 24 aprile scorso, le OO.SS. hanno avanzato proposte unitarie sul precariato, che il Ministro Bussetti dichiara di voler recepire al più presto, accettando in particolare l’idea di “misure uniche e straordinarie” in favore del precariato storico e l’attivazione di percorsi abilitanti aperti al personale con “adeguata esperienza” prevedendo una selezione in uscita.

Ci siamo battuti con determinazione per questa soluzione in favore dei docenti precari con 36 mesi di servizio prestato -ha sottolineato Serafini- e continueremo a vigilare per verificare nella sostanza la formulazione del provvedimento legislativo.

Ora dobbiamo trovare risposte per le altre categorie di precari– ha proseguito Serafini- dai vincitori dei concorsi 2016 e 2018, al personale che ha svolto il percorso abilitante PAS e FIT, fino ai docenti di ruolo, i cosiddetti “ingabbiati”, per i quali è necessaria un’abilitazione riservata per svolgere il proprio lavoro in altre classi di concorso, ed agli assistenti amministrativi f.f. di Dsga, anche per loro chiediamo un concorso riservato senza prove preselettive”.

Dai processi di stabilizzazione -ha concluso Serafini- non trarranno beneficio solo gli operatori della scuola, ma l’istituzione scolastica stessa che necessita di personale stabile per una didattica all’altezza del suo ruolo sociale”.

 

Su reclutamento e precariato un passo decisivo

 

Il confronto al MIUR dopo l’intesa di Palazzo Chigi del 24 aprile scorso comincia a dare buoni frutti su uno dei temi centrali dell’agenda sindacale, quello della stabilizzazione del lavoro precario.

La soluzione delineata nel comunicato del Ministro dell’Istruzione, con la volontà di recepire la proposta sindacale – peraltro puntuale e specifica -, pur in attesa di verificare come sarà formulato il provvedimento di legge cui si fa cenno è sicuramente un passo decisivo in avanti rispetto alle richieste formulate nella piattaforma della mobilitazione unitaria, ai contenuti dell’intesa col Governo e a quanto ribadito in sede di confronto al tavolo tematico su reclutamento e precariato.

Ora in tempi strettissimi attendiamo una nuova convocazione del tavolo per un esame approfondito e dettagliato di tutte le questioni che dovranno essere efficacemente tradotte nel testo da sottoporre all’esame delle Camere.

È chiaro che poi la palla passa alle decisioni politiche e alle responsabilità da assumere coerentemente anche in sede parlamentare. Ci attendiamo che il buon lavoro fatto dalle organizzazioni sindacali trovi in tale sede il giusto riscontro, nell’interesse delle tantissime persone che da anni sono in condizione di precarietà e della scuola stessa, che ha bisogno di poter contare sulla stabilità del personale per un’efficace programmazione della didattica e un’ottimale gestione del sistema scolastico.

 

Roma, 24 maggio 2019

 

FLC  CGIL

CISL  FSUR

UIL Scuola RUA

SNALS  Confsal

GILDA UNAMS

Francesco Sinopoli

Maddalena Gissi

Giuseppe Turi

Elvira Serafini

Rino Di Meglio

news

 

 

Riportiamo una scheda sintetica sui permessi elettorali:

 

 

Lavoratori che si recano a votare in un comune diverso da quello ove prestano servizio ·         Non è previsto alcun permesso specifico per recarsi a votare in un comune diverso da quello dellasede di servizio, a meno che il dipendente non risulti trasferito nell’approssimarsi dell’elezione o del referendum e, pur avendo provveduto entro il termine prescritto di 20 giorni a chiedere il trasferimento di residenza, non abbia ottenuto in tempo l’iscrizione nelle liste elettorali nel nuovo comune di servizio.

·         In questo caso i permessi sono retribuiti e sono concessi secondo i seguenti criteri:

·         un giorno per le distanze da 350 a 700 chilometri;

·         due giorni per le distanze oltre i 700 chilometri o per spostamenti da e per le isole.

·         In tutti gli altri casi sussiste il diritto del dipendente a chiedere ed ottenere permessi o ferie per raggiungere il proprio comune di residenza e precisamente:

  • Il personale a tempo indeterminato può usufruire dei permessi retribuiti di cui all’art. 15, comma 2, del CCNL 29.11.2007 (i tre giorni per motivi personali e familiari);
  • il personale docente, se ha esaurito i 3 giorni, può usufruire anche dei 6 giorni di ferie di cui all’art. 13, comma 9.
  • Il personale a tempo determinato può usufruire dei 6 giorni di permesso non retribuito di cui all’art. 19, comma 7, del CCNL 29.11.2007;
  • il personale docente a tempo determinato, se ha esaurito i 6 giorni di permesso, può usufruire anche dei 6 giorni di ferie di cui all’art. 13, comma 9.
Per adempiere alle funzioni di componente il seggio elettorale ·         A tutto il personale a tempo indeterminato o a tempo determinato (anche supplente temporaneo) spettano i giorni occorrenti per le operazioni di voto e di scrutinio.

·         Per i giorni festivi o non lavorativi compresi nel periodo di svolgimento delle operazioni elettorali spettano anche riposi compensativi.

·         Il beneficio spetta a tutti i componenti il seggio elettorale: presidente, scrutatore, segretario, rappresentanti di lista o dei promotori del referendum.

·         Poiché l’attività prestata presso i seggi elettorali è equiparata ad attività lavorativa, il dipendente, nei giorni coincidenti con le operazioni elettorali, è esonerato da eventuali obblighi di servizio anche se collocati in orario diverso da quello di impegno ai seggi (es. in servizio al sabato mattina e impegnato al seggio nel pomeriggio: ha diritto di assentarsi per tutta la giornata di sabato).

·         Secondo l’orientamento della Corte Costituzionale, il lavoratore ha diritto al recupero delle giornate festive o non lavorative, destinate alle operazioni elettorali, nel periodo immediatamente successivo alle stesse.

 

Il personale impegnato nella scuola che parteciperà a vario titolo a queste elezioni, in particolare nei ruoli di Presidente, scrutatore nel seggio o rappresentante di lista hanno diritto al riposo compensativo post elettorale.

 

Assenza è giornata lavorativa

Normativa di riferimento: art. 119 del T.U. n. 361 del 30/3/1957, come modificato dall’art 11 della legge n. 53 del 21/3/1990, e dell’art. 1 della legge 29.1.1992, n. 69.

A tutti i dipendenti (con contratto a tempo indeterminato e determinato anche temporaneo) è riconosciuto il diritto di assentarsi per la durata delle operazioni di voto e di scrutinio. L’assenza è considerata attività lavorativa a tutti gli effetti.

 

Riposi compensativi

Ai sensi della C.M. n. 132 del 29 aprile 1992, prot. 16888/740/MS. gli interessati hanno diritto a recuperare le giornate non lavorative di impegno ai seggi con giorni di recupero compensativo: due giorni successivi alle operazioni elettorali (se il sabato è non lavorativo), o nel giorno successivo (se il sabato è lavorativo)

 

LEGGE 29 gennaio 1992, n. 69

 

 

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hannoapprovato;

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

PROMULGA

la seguente legge:

 

Art. 1.

 

  1. Il comma 2 dell’articolo 119 del testo unico delle leggi recantinorme per la elezione della Camera dei deputati, approvato condecreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, comesostituito dall’articolo 11 della legge 21 marzo 1990, n.53, vainteso nel senso che i lavoratori di cui al comma 1 dellostessoarticolo 119 hanno diritto al pagamentodi   specifiche   quoteretributive, in aggiunta alla ordinaria retribuzione mensile, ovveroa  riposi  compensativi,  per  i  giorni  festivi  o  non  lavorativieventualmente  compresi  nel  periodo di svolgimento delle operazionielettorali.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inseritanella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica

italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla

osservare come legge dello Stato.

 

Data a Roma, addi’ 29 gennaio 1992

COSSIGA

ANDREOTTI, Presidente delConsiglio dei Ministri

Visto, il Guardasigilli: MARTELLI

 

 

AVVERTENZA:

Il testo della nota qui pubblicato e’ stato redatto ai sensi   dell’art.  10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla    promulgazione delle leggi,sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura della disposizione di legge alla quale e’ operato il rinvio e della quale restano invariati il valore e l’efficacia.

 

Nota all’art. 1:

–  L’art.  119 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati,approvato con D.P.R.  n.361/1957, come sostituito dall’art. 11 della legge n. 53/1990, e’cosi’ formulato:

“Art. 119. – 1. In occasione di tutte le consultazioni elettorali disciplinate da leggi della Repubblica o delle regioni, coloro che adempiono funzioni presso gli uffici elettorali, ivi compresi i rappresentanti di lista o di gruppo di candidati nonche’, in occasione di referendum, i rappresentanti dei partiti o dei gruppi politici e dei promotori del referendum, hanno diritto ad assentarsi dal lavoro per tutto il periodo corrispondente alla durata delle relative operazioni.

  • I giorni di assenza dal lavoro compresi nel periodo di cui al comma 1 sono considerati, a tutti gli effetti, giorni di attivita”lavorativa”.

 

 

 

 

 

Circolare ministeriale n. 132 del 29 aprile 1992 prot. n. 16888/740/MS
Personale chiamato ad adempiere funzioni presso gli Uffici elettorali.
Legge 29 gennaio 1992, n. 69

Sulla Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 36 del 13 febbraio 1992 è stata pubblicata la legge 29 gennaio 1992, n. 69, il cui art. 1 – comma 1 – sancisce:

“Il comma 2 dell’art. 119 del Testo Unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei Deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, come sostituito dall’art. 11 della legge 21 marzo 1990, n. 53, va inteso nel senso che i lavoratori di cui al comma 1 dello stesso art. 119 hanno diritto al pagamento di specifiche quote retributive, in aggiunta all’ordinaria retribuzione mensile, ovvero a riposi compensativi, per i giorni festivi o non lavorativi eventualmente compresi nel periodo di svolgimento delle operazioni elettorali”.

Circa l’applicazione della su riportata disposizione al personale dipendente statale lo scrivente ha chiesto chiarimenti al Ministero del Tesoro – Ragioneria Generale dello Stato – IGOP -, il quale, con telegramma n. 122748 del 3 aprile 1992, ha precisato quanto segue:

“Codesto Ministero ha chiesto di conoscere modalità applicative articolo 1 legge 29 gennaio 1992, numero 69, recante interpretazione autentica, comma 2, articolo 119, D.P.R. 30 marzo 1957, numero 361, come sostituito da articolo 11 legge 21 marzo 1990, numero 53, secondo cui per lavoratori impegnati in operazioni elettorali est previsto pagamento specifiche quote retributive ovvero riposo compensativo per giorni festivi aut non lavorativi compresi in periodo svolgimento suddette operazioni. Proposito, premesso che previgente normativa aveva dato adito at dubbi interpretativi ambito settore privato, ritienesi che per quanto riguarda dipendenti civili Stato sia tuttora valida, et ciò anche in presenza nuova normativa recata da citata legge numero 69, circolare Presidenza Consiglio Ministri – Dipartimento Funzione Pubblica 8 maggio 1990 numero 50.556/10.0.235 che prevede sia per domenica sia per sabato, caso articolazione orario di servizio settimanale su cinque giorni, diritto at riposo compensativo con esclusione, pertanto, possibilità opzione per pagamento quote retributive attesa fra altro mancata previsione conseguente onere aggiuntivo”.

 

Circolare telegrafica Ministero della Funzione Pubblica n. 75 del 18 marzo 1992
Circolare telegrafica del Ministero della Funzione Pubblica n. 75 del 18 marzo 1992

Questa Presidenza Consiglio Ministri – Dipartimento Funzione Pubblica, di intesa con ufficio coordinamento amministrativo medesima Presidenza et Ministero Tesoro – Ragioneria Generale Stato – I.G.O.P. – stante imminenza elezioni politiche 5 e 6 aprile p.v. et at fine consentire esercizio diritto voto at pubblici dipendenti che non habent trasferito residenza anagrafica nel Comune sede servizio, comunica che at medesimi debet essere concesso, in via eccezionale, congedo straordinario di cui at art. 37 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 nei limiti temporali indicati dal Ministero Tesoro – Ragioneria Generale dello Stato – I.G.O.P. – nella circolare telegrafica n. 23 del 10 marzo 1992.

Conseguentemente congedo straordinario suddetto potest essere usufruito da interessati entro seguenti limiti temporali, comprensivi tempo occorrente viaggio andata e ritorno sede servizio, un giorno se località sunt distanti da 350 a 700 chilometri et due giorni per distanze superiori a 700 chilometri aut per spostamenti da isole, esclusa Sicilia, in altre località del territorio nazionale, compresa Sicilia, et viceversa.

Il MIUR ha pubblicato la banca dati di 4.000 quesiti per la prova preselettiva del concorso per il reclutamento di 2.004 Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi per le Istituzioni scolastiche statali (D.d. 2015 del 20 dicembre 2018).

La prova preselettiva si svolgerà nei giorni 11, 12 e 13 giugno 2019 nelle sedi individuate dagli Uffici Scolastici Regionali; avrà una durata massima di 100 minuti e consisterà nella somministrazione di 100 quesiti a risposta multipla, riguardanti le discipline previste per le prove scritte.

Alla pagina https://www.miur.gov.it/web/guest/-/scuola-pubblicata-la-banca-dati-dei-quesiti-per-la-prova-preselettiva-del-concorso-dsga  è possibile scaricare i quesiti per la prova preselettiva suddivisi per materie.

Su reclutamento e precariato servono subito risposte concrete

La questione del reclutamento, con particolare riguardo all’obiettivo di dare stabilità al lavoro dei moltissimi precari della scuola con più di tre anni di servizio, compresi i facenti funzione di DSGA, è stata affrontata anche a margine dell’incontro di ieri sui temi del rinnovo contrattuale.
La scorsa settimana è stata presentata al riguardo al MIUR una dettagliata proposta unitaria, in linea con le indicazioni e gli impegni assunti a Palazzo Chigi con l’intesa del 24 aprile. Ora è indispensabile una risposta in merito agli atti normativi con cui dare seguito alla proposta dei sindacati e portarla a concreta attuazione. La campagna elettorale in atto non può essere la giustificazione di un ritardo che non è rispettoso dei tempi della scuola, ormai alla conclusione dell’anno scolastico.

La risposta del Capo di Gabinetto, che ha indicato la necessità di procedere a passaggi di verifica politica, rischia di prefigurare tempi che non sono accettabili rispetto all’urgenza del problema. Serve agire con maggiore determinazione, ogni ritardo sarebbe inspiegabile e finirebbe per lasciare irrisolta e aggravata la situazione, che vede da anni un ricorso abnorme al lavoro precario, con grave danno per chi lavora e disagi evidenti per l’andamento del servizio e la qualità del sistema scolastico.

A questo punto spetta alle forze politiche, a partire da quelle di maggioranza, sostenere una soluzione legislativa. Il Capo di Gabinetto si è impegnato a presentare uno schema di decreto, al quale l’Amministrazione sta lavorando in coerenza con la proposta sindacale unitaria, in un prossimo incontro, al fine di dare quelle risposte concrete che tutti si aspettano e alle quali è legata anche la prosecuzione di un proficuo e costruttivo confronto.

FLC  CGIL

CISL  FSUR

UIL SCUOLA RUA

SNALS  CONFSAL

GILDA  UNAMS

Impegno del Miur a reperire le risorse necessarie per un rinnovo del CCNL che preveda aumenti a “tre cifre”, in attuazione dell’intesa Governo e OO.SS. del 24 aprile u.s.

Riportiamo di seguito il Comunicato unitario:

Primo incontro al MIUR in vista del rinnovo del CCNL

In attuazione dell’intesa del 24 aprile 2019 si è svolto ieri, 20 maggio 2019, il primo di una serie di incontri sul prossimo rinnovo del contratto.

In premessa i sindacati hanno richiesto un puntuale impegno al rispetto dell’intesa di palazzo Chigi relativamente al reperimento, nella prossima legge di bilancio, delle risorse necessarie per il pieno recupero del potere d’acquisto dei salari, nonché per assicurare il riconoscimento della dignità professionale e del ruolo sociale dei lavoratori del comparto istruzione e ricerca.

Altri temi di fondamentale importanza risultano la piena fruibilità degli istituti contrattuali, a partire dalla necessaria semplificazione e sistematizzazione, anche in relazione alla complessità generata dalla unificazione in un unico comparto di quattro settori e dei relativi contratti, in precedenza distinti.

Il MIUR ha ribadito l’impegno a reperire le necessarie risorse in ottemperanza a quanto contenuto nell’intesa del 24 aprile scorso. Le parti hanno concordato di proseguire il confronto su tutte le tematiche affrontate attraverso la redazione, da parte del MIUR, di un indice ragionato dei contenuti del prossimo rinnovo, da rendere disponibile entro il 3 giugno, provvedendo solo successivamente a calendarizzare un nuovo incontro.

Tra i temi che dovranno essere affrontati è stato evidenziato dai sindacati, prendendo lo spunto dai fatti di Palermo, quello del ripristino degli organismi di garanzia a tutela della libertà di insegnamento e dell’autonomia professionale nella sua dimensione individuale e collegiale.

Roma, 21 maggio 2019

FLC  CGIL CISL  FSUR UIL SCUOLA RUA SNALS  CONFSAL GILDA  UNAMS